Davide Algeri
Davide Algeri, psicologo, esperto di nuove tecnologie applicate alla psicologia, ci parla delle sue attività in Rete e delle prospettive future della relazione tra Psicologia e Internet.
Presentazione
Davide Algeri svolge l’attività privata come psicologo e psicoterapeuta a Milano
E’ psicoterapeuta specializzato in Terapia Breve Strategica, presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo. Si forma come consulente sessuale presso l’A.I.S.P.A. (Associazione Italiana Sessuologia e Psicologia Applicata).
Attualmente collabora in qualità di consulente psicologo con l’Azienda Moonlab S.r.l. di Novara, dove si occupa di valutare lo stress lavoro-correlato attraverso l’uso del biofeedback e delle nuove tecnologie e con l’associazione AUSER Forlanini di Milano, come psicologo conduttore di gruppi per anziani, volti al raggiungimento del benessere psico-fisico.
Ha collaborato, in qualità di psicologo, con il laboratorio di Psicologia Clinica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore al progetto “Psicologo di quartiere”, prestando consulenza presso gli sportelli di alcune farmacie di Milano e con l’Ordine degli Psicologi Lombardia all’interno del gruppo di lavoro “Psicologia e Nuove Tecnologie” dove si è occupato di studiare la diffusione nell’uso degli strumenti di consulenza psicologica a distanza sul territorio nazionale.
E’ ideatore e fondatore del Servizio Italiano di Psicologia Online (http://www.psicologi-online.it), dove ricopre anche il ruolo di responsabile psicologo clinico, occupandosi di fornire supporto psicologico di primo livello, attraverso la consultazione online.
Fondatore e responsabile del gruppo AlgeriMazzucchelli – Psicologia Innovativa (http://www.algerimazzucchelli.it), dove coordina insieme al collega Luca Mazzucchelli un team di psicologi e psicoterapeuti, con l’intento di coniugare la psicologia e le nuove tecnologie; cosa che ha permesso di realizzare applicazioni psico-educative (su genitorialità, ansia e sessualità) per Smarthphone e per il web; di istituire un Osservatorio di Psicologia e Tecnologia (OPT) e la prima WebTV italiana di psicologia.
Ha collaborato con l’Applied Technology for Neuro-Psychology Lab., all’interno dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano come ricercatore di Cyberpsichology e Cybertherapy e come responsabile psicologo clinico di progetti europei. Nello specifico si è occupato di studiare e testare protocolli clinici per il trattamento di diversi disturbi psicologici attraverso l’uso della realtà virtuale, delle nuove tecnologie e del biofeedback.
E’ autore di diverse pubblicazioni su riviste scientifiche, scritte insieme a docenti e ricercatori dell’Università Cattolica di Milano, riguardanti il trattamento dei disturbi d’ansia e dello stress.
E’ consigliere dell’Associazione Giovani Psicologi della Lombardia, membro di Psycommunity dal 2008 e fa parte dello Staff di Elenco Psicologi.
Come è nata la tua scelta di coniugare due passioni: psicologia e internet?
Da sempre psicologia e tecnologia sono state le mie due più grandi passioni, che coltivavo parallelamente e separatamente visto che inizialmente mi sembrava che ricoprissero due aree che solo in apparenza sono all’opposto: l’area scientifica e quella umanistica. Il primo tentativo di unire queste due passioni è stato attraverso la creazione di comunità virtuali prima su Neurone, un social network di professionisti, successivamente transitate su Xing, che ho amministrato per diverso tempo cercando di ampliare temi quali la comunicazione, lo sviluppo personale e argomenti di psicologia e psicoterapia.
Nel contempo, vista la mia passione riguardante la creazione di portali web, decisi di realizzare il mio sito web personale (http://www.davidealgeri.com) riuscendo a trasformarlo, da vero e proprio autodidatta, in un ottimo strumento di autopromozione. L’integrazione è avvenuta comunque nel 2009 grazie alla collaborazione con l’amico e collega Luca Mazzucchelli, anche lui appassionato di nuove tecnologie, con il quale ho realizzato diversi progetti riguardanti la psicologia che hanno visto la tecnologia come punto di forza.
Oggi, quanta parte della tua attività di psicologo si svolge prevalentemente on line e quanta off line?
Diciamo che attualmente la mia attività si svolge prevalentemente offline, nel mio studio e che parallelamente seguo qualche paziente online via skype. Con Luca Mazzucchelli ed un gruppo di psicologi stiamo monitorando, sotto diversi punti di vista, il fenomeno delle consulenze online e abbiamo potuto appurare che, per quanto riguarda l’on-line le persone che richiedono un colloquio sono molte, ma effettivamente sono ancora pochi quelli che poi concretizzano. Ad avere incontrato un forte successo è stato, invece, il progetto che stiamo portando avanti su Facebook, dove non facciamo presa in carico o consulenza psicologica, ma offriamo uno sportello di ascolto e orientamento, all’interno del quale forniamo alla persona che ci contatta gli indirizzi dei servizi psicologici centrati sulla sua problematica che può trovare sul territorio.
Internet che cura, Internet che favorisce le patologie: sempre più Internet avvicina la Psicologia alle persone per aiutarle a migliorare il loro benessere personale, ma può anche favorire patologie mediate dal mezzo stesso, la dipendenza, ad esempio. Vuoi illustrarci il tuo pensiero a questo proposito?
Come in ogni cosa, o nella maggior parte dei fenomeni dell’umanità, esistono due facce della stessa medaglia: abusare o usare “male” di una cosa può contribuire a creare disagio, come del resto il “sano” utilizzo potenzia le capacità dell’uomo e crea effetti positivi. E’ il caso della rete che può contribuire a risanare o ad influenzare positivamente, attraverso il virtuale, il reale, promuovendo un benessere reale. Non dimentichiamoci che dietro al pc c’è sempre una persona con le sue caratteristiche reali e che l’uso sano o l’abuso dipende se, per questa persona, il computer rappresenta solo un mezzo (per comunicare, scoprire, lavorare…) o un fine per alleviare disagi o problemi. In ogni caso, sono del parere che la tecnologia e il web siano un ottimo strumento per diffondere la cultura psicologica, avvicinare la psicologia alla gente, promuovere il benessere e fare prevenzione, anche per quanto riguarda le stesse dipendenze da internet.
Sono tutti questi gli aspetti che stiamo studiando con il SIPO (sportello italiano di psicologia online) e con l’obiettivo di capire e individuare le buone prassi nell’utilizzo della rete come strumento di cura.
L’anno appena concluso ti ha visto molto attivo sul web, in particolare grazie all’attività del Servizio Italiano di Psicologia Online. Inoltre, è uscito da poco il documento Rapporto 2011 – Facebook e la richiesta di aiuto psicologico.
I risultati, relativi ai primi due mesi di attività, incoraggiano a proseguire nel percorso intrapreso. Che bilancio trai da queste esperienze e che prospettive vedi per il futuro?
Questi dati ci hanno dato la conferma che il servizio è apprezzato e percepito come qualcosa di utile. Solo nella prima settimana abbiamo avuto un boom di richieste tale da essere riusciti a coprire gli appuntamenti per tutto il mese e per metà di quello successivo. Ora il numero di richieste si è stabilizzato, ma continua ad esserci. Per il futuro contiamo di portare avanti questo servizio, ma stiamo pensando anche ad altri progetti da un lato dedicati ai colleghi psicologi e dall’altro a potenziali utenti che, auspico, possano utilizzare sempre più con maggior facilità le nuove tecnologie come strumento per la comunicazione degli aspetti psicologici della propria vita.
Tu e il collega Mazzucchelli siete stati tra i primi a utilizzare l’iPhone per promuovere conoscenza psicologica, grazie alle vostre App sull’ansia, la genitorialità e sulla sessualità. Avete avuto un riscontro soddisfacente da parte degli utenti?
Come testimoniato dalla ricca rassegna stampa e dalle pubblicazioni scientifiche effettuate sulla nostra applicazione, possiamo dire che abbiamo ottenuto un enorme riscontro a livello mediatico. Il nostro intento principale è stato quello di creare una psicologia a portata di mano e in movimento, una psicologia che abbiamo battezzato dell’‘andare verso’ piuttosto che stare fermi ed aspettare di essere cercati. Non a caso abbiamo avuto 4000 download dell’applicazione “genitori di diventa” (http://itunes.apple.com/us/app/genitori-si-diventa/id368735516?mt=8&ls=1) già solo nei primi tre mesi e 3000 download di “Informansia” (http://itunes.apple.com/it/app/informansia/id396195931?mt=8) a soli due giorni dall’uscita. Per renderle fruibili a un pubblico più ampio abbiamo realizzato alcune versioni per il web (http://www.algerimazzucchelli.it/progetti/pacchetti-web.html) e anche lì abbiamo racconto diverse centinaia di test compilati.
Il vostro lavoro ha suscitato l’interesse dei media e talvolta è stato da questi banalizzato: “Bravi genitori con l’iPhone” (Il Giorno), o “Il professor Freud riceve su Facebook” (La Stampa), per esempio. Questo tipo di messaggi vi ha creato problemi, imbarazzo, difficoltà con le istituzioni, o confusione presso il pubblico?
Sinceramente no, in alcuni casi ci è capitato di storcere il naso, ma in realtà non potevamo aspettarci solo i complimenti. E’ giusto che vi siano punti di vista diversi e sono proprio quelli che mettono in risalto i punti deboli di questo settore che è in continuo divenire: anche grazie agli scettici miglioriamo giorno dopo giorno, mettendo a punto strategie per fronteggiare le criticità. Il dato più importante, tuttavia, è il ruolo che le persone che hanno fatto richiesta dei servizi ci hanno riconosciuto, mostrandosi soddisfatti e dichiarando che senza l’online non si sarebbero rivolte a psicologi dal vivo, non almeno in prima battuta.
In Italia viviamo una curiosa situazione rispetto alla psicologia on line, dal momento che gli Ordini non hanno una visione univoca sull’erogazione di prestazioni psicologiche a distanza. Per citare due estremi, mentre l’Ordine della Lombardia mette a disposizione dei suoi iscritti il kit per lo psicologo on line, l’Ordine del Lazio ribadisce le posizioni di rigida chiusura del 2004 (anno in cui fu redatto il Codice di condotta relativo all’utilizzo di tecnologie per la comunicazione a distanza nell’attività professionale degli psicologi). Questa situazione penalizza tanti colleghi per il solo fatto di appartenere a un Ordine regionale piuttosto che a un altro. Che scenario futuro vedi a proposito di questo spinoso argomento?
Penso che arriveremo al punto in cui tutti gli ordini si uniformeranno, già si sta muovendo qualcosa. Ad esempio anche in Piemonte partirà un gruppo simile a quello Lombardo. Sicuramente è un argomento spinoso, ma questo non vuol dire che si deve far finta di niente mettendo la testa sotto la sabbia, anche perché internet non si può fermare: il modo di erogare e di fruire la psicologia sta cambiando e bisogna farci i conti per arrivare preparati. Diciamo che la tecnologia, nel nostro caso, deve essere intesa come una sorta di “aggiornamento” della nostra professione che occorre conoscere per farne un utilizzo adeguato.
In un recente articolo di La Repubblica D, è stato pubblicato un confronto tra te e la Presidente dell’Ordine del Lazio Marilori Zaccaria dal titolo: “E’ utile lo psicologo on line?” La Zaccaria, nel ribadire le posizioni dell’Ordine del Lazio, afferma:
Tutti i modelli teorici scientificamente validi – da quello psicodinamico, a quello cognitivo, a quello corporeo o sistemico relazionale – si fondano sul contatto diretto, quindi sulla copresenza fisica del paziente e del terapeuta. L’utilizzo di internet, anche attraverso webcam, interdice questo tipo di relazione inficiando il rapporto terapeutico basato anche sull’empatia e sull’alleanza terapeutica, lasciando invece ampio spazio all’immaginazione (…)
Il rischio principale è che questo tipo di consulenza si riveli inefficace, perché via mail, ma anche via Skype, è impossibile comprendere pienamente i meccanismi consci, ma soprattutto quelli inconsci. Come potrebbe, per esempio, lo psicologo distinguere tra un lieve balbettio e un semplice rallentamento della connessione internet” (data accesso 03/01/2012). Secondo la tua esperienza, è possibile per uno psicologo abituato a dialogare in Rete, promuovere rapporti empatici e riconoscere – almeno in parte – i meccanismi inconsci che saprebbe evidenziare in un colloquio vis à vis?
Un punto che richiederebbe una riflessione a se stante è quello di accordarci su quali siano gli ingredienti fondamentali per avviare il cambiamento. Ma su questo argomento mi limito a porre solo alcune domande aperte: Quanti libri abbiamo letto che ci hanno cambiato la vita? Quanti incontri fugaci e brevi hanno poi lasciato il solco anche per diverso tempo nella nostra vita? Quanti film guardati da uno schermo ci hanno fatto interrogare su questioni mai considerate prima? Per provare emozioni che ci smuovano dobbiamo per forza leggere l’inconscio delle altre persone? è veramente necessario essere in una relazione in cui si possa leggere qualsiasi segnale verbale non dell’altro? A prescindere dalle risposte che decidiamo di dare a queste domande, comunque, ritengo che sia possibile risultare empatici con chi si trova dall’altro lato dello schermo, perché fino a prova contraria vi sono sempre due persone che interagiscono e comunicano, sebbene in forma diversa da quella tradizionale. Inoltre non esistono studi che dimostrano che le tecnologie abbattano l’empatia, anzi, è in crescendo il numero di ricerche che dimostrano l’efficacia di interventi attraverso l’uso di nuove tecnologie. Certo è utile conoscere le limitazioni legate all’utilizzo di uno strumento piuttosto che di un altro (chat, email, webcam), ma ripeto proprio per il fatto di essere umani, non può non esistere l’empatia. E proprio per dimostrare ciò abbiamo realizzato dei questionari di valutazione che in genere forniamo prima e dopo un colloquio online, al fine di valutare quanto la persona si è sentita accolta e compresa all’interno del colloquio, sia per quelli via chat che online. Abbiamo, dunque, dei dati basati sul parere soggettivo dell’altro, che ci forniscono dei feedback positivi in tal senso. Mi rendo conto che possano nascere comunque diversi dubbi e incertezze, ma ribadisco che il nostro ruolo in primis ci impone di andare in fondo a ciò che non conosciamo bene, piuttosto che ripararci dietro a pregiudizi dogmatici, conoscenze poco approfondite o luoghi comuni. In particolare, a mio avviso, gli ordini hanno il dovere di tutelare la comunità degli psicologi, cercando di porsi in una posizione super partes e non di parte. Ricordiamoci, infatti, che esistono anche altri approcci che sono più orientati a studiare altri meccanismi e che quindi possono essere considerati più idonei all’online (strategico, cognitivo comportamentale, sistemico, costruttivista), cosa che a quanto sembrerebbe risulta essere invece un punto debole degli approcci di matrice psicodinamica.
Ritieni che Internet possa dare delle risposte concrete ai molti giovani psicologi che – dopo anni di studi – guardano con pessimismo al futuro professionale?
Sicuramente si, mi viene da pensare a tutti quegli psicologi che vogliono aprirsi a consulenze nei confronti di chi vive all’estero o a consulenze aziendali a distanza. Le nuove tecnologie, inoltre, permettono di abbattere i costi e le distanze, elemento che va a favore sia del professionista che dell’utente. Ad ogni modo resta assodato che l’online non deve essere inteso come un sostituto della consulenza dal vivo, quanto invece un suo ausilio e che non tutte le tipologie di problematiche sono adatte a questa presa in carico, come abbiamo più volte cercato di sottolineare nei nostri lavori.
Cosa ne pensi dell’efficacia della psicoterapia on-line, potrebbe essere in taluni casi preferibile a quella off-line?
Ritengo che è ancora presto parlare di psicoterapia online, almeno per quanto riguarda la situazione in Italia. Dagli approfondimenti che abbiamo fatto sulla letteratura internazionale, traspare infatti che questa è risultata efficace per la cura di diverse patologie all’estero, ma in Italia, ancora c’è poco e a mio avviso è preferibile utilizzare l’online per fare counselling o sostegno, che in alcuni casi possono permettere di ottenere dei cambiamenti interessanti.
Detto questo sicuramente è utile iniziare a ragionare nell’ottica del paziente, cercando di adattarci alle sue richieste e ai nuovi problemi che ci porta, provando anche a sperimentarci in setting alternativi.
Parallelamente a ciò è utile capire il modo in cui deve porsi lo psicologo all’interno di questi “setting virtuali”, cosa che insieme al collega Mazzucchelli e al team del SIPO stiamo cercando di studiare.
In ogni caso, alla base dell’efficacia dell’intervento, come dal vivo, anche nell’online, è sicuramente necessario che si crei un rapporto di fiducia.
Per questo motivo è preferibile che si passi dalla terapia dal vivo a quella online, proprio perché il rapporto vis-a-vis favorisce una relazione più immediata. Questo non vuol dire che non si può creare una relazione partendo direttamente dall’online, solo che necessita un po’ più di tempo.
Ma come già accennato, ricordiamoci in ogni caso, sia di presenza che a distanza sono sempre due le persone che comunicano.
Che cosa suggerisci a un collega che vuole iniziare a lavorare online?
Di avvicinarsi a chi lo pratica già, per sperimentarsi in modo sicuro. Con lo sportello di ascolto su Facebook, ad esempio, organizziamo delle supervisioni con cadenza mensile proprio per studiare e comprendere quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi dell’online.
Quindi comunque è consigliabile avvicinarsi a questo mondo mettendosi in gruppo o affiancandosi a chi già lo sperimenta, piuttosto che fare da soli, specialmente per chi è alle prime armi. I giovani che cercano di avviare la professione spesso troppo superficialmente si avvicinano all’online commettendo l’errore di pensare che sia più semplice fare lo psicologo a distanza. Invece è vero il contrario, ecco perché è importante farlo seguiti da un gruppo di supervisori più esperti.
Che qualità personali e che capacità tecniche è necessario possedere, a tuo avviso, per diventare “psicologi online”?
Per essere dei “bravi” psicologi online, prima di tutto bisogna essere amanti delle nuove tecnologie a 360°. Lo psicologo online deve sapersi muovere in modo sicuro con le tecnologie, in quanto spesso si trova anche a dover gestire le problematiche connesse a queste. In secondo luogo è necessario essere esperti della professione. Non a caso per il SIPO abbiamo selezionato colleghi con almeno tre anni di iscrizione all’albo.
Infine è necessario seguire delle linee guida per accertarsi di seguire le indicazioni del nostro codice deontologico. Ad oggi esistono solo quelle del CNOP (l’ordine nazionale degli psicologi), ma siamo fiduciosi che le cose possano evolversi a partire anche dall’attenzione dedicata a questi argomenti dagli ordini regionali.
Intervista a cura di Patrizia Belleri