Alessandra Aronica
La dott.ssa Alessandra Aronica, psicologa e psicoterapeuta, ci parla della sua esperienza in una comunità virtuale di auto aiuto per persone diabetiche.
Presentazione
La dottoressa Alessandra Aronica è psicologa, psicoterapeuta.
Esperta di Training Autogeno, di Ipnosi di Logoterapia, e di analisi del profondo, coltiva anche interessi che spaziano dalla musica, all’antropologia e alla pratica yoga.
Ha scritto in collaborazione con Tonino Cantelmi: On-Line Health Services: prime esperienze italiane. Auto-aiuto e sostegno psicologico on line per diabetici insulino-dipendenti (in La mente in internet. Psicopatologia delle condotte on line, Roma, Piccin, 2000, pagg. 159-189).
Si tratta della relazione di un’esperienza condotta dalla dottoressa Aronica per quattro anni, in collaborazione con www.progettodiabete.org. Il portale, rivolto alle persone diabetiche, offre informazione specifica e anche supporto on line.
Partendo dall’osservazione che spesso, soprattutto tra i giovani, alla patologia diabetica si associano comportamenti di isolamento e di ritiro sociale, il sito offre varie forme di sostegno on line: la mailing list, il forum, gli incontri in chat, sia a tema libero che programmati e moderati da un esperto.
In tale contesto è stato attivato un gruppo di auto-aiuto in cui la collega ha svolto il ruolo di “helper”. Sono stati effettuati incontri in chat su temi specifici, di cui Alessandra Aronica è stata ideatrice e conduttrice.
Sempre nell’ambito del medesimo progetto, la dottoressa ha collaborato alla Sezione “Domande agli esperti” rispondendo alle e-mail che contenevano vissuti di sofferenza psichica.
E’ stata un’esperienza preziosa per approfondire le dinamiche della comunicazione on line in ambito terapeutico. Ringraziamo pertanto la collega per aver acconsentito a parlarcene.
L’intervista
Per quattro anni hai offerto un supporto on line nella comunità virtuale di Progetto Diabete. Lo stesso sostegno sarebbe stato possibile in modalità off line? Con quali vantaggi e quali svantaggi rispetto alla modalità on line, eventualmente?
Nella mia esperienza mi sono resa conto che le persone che hanno il diabete tendono a nascondere agli altri, e talvolta, purtroppo, anche a sé stesse, non solo il loro handicap, ma anche emozioni e sentimenti ad esso collegati. Ho provato più volte a pubblicizzare esperienze di gruppo che avrei condotto nel mio studio, con persone aventi il diabete tipo 1, ma non si è mai fatto vivo nessuno. Invece, con la realtà virtuale, le persone si espongono più facilmente, perché la loro identità rimane molto protetta. Quindi ritengo che il supporto che ho offerto agli utenti di Progetto Diabete è stato possibile solo in modalità on line.
Il grande vantaggio della modalità off line, ovvero di un rapporto faccia a faccia, è quello di poter creare, insieme al paziente o ai pazienti che siano motivati, uno spazio terapeutico, che è la premessa fondamentale a ogni cambiamento psicologico. Inoltre, nel rapporto faccia a faccia, la forza dell’Io del paziente si rinforza, mentre nella realtà virtuale tale forza rischia di indebolirsi, fino al punto da rendere la persona incapace di gestire una relazione reale e di comprendere i propri vissuti emotivi.
Ho letto che la comunità virtuale di Progetto Diabete si è ritrovata anche in incontri di persona, per conoscersi, e incentivare il senso di appartenenza al gruppo. Qual è stato a tuo avviso il ruolo di questi incontri reali nell’economia del progetto di aiuto?
Come socia fondatrice del Progetto Diabete Onlus, avevo esposto al webmaster e ideatore di Progetto Diabete la necessità di incontri reali, faccia a faccia, proprio perché si potessero in qualche modo ridurre o evitare tutti gli aspetti pericolosi collegati alla comunicazione virtuale: proiezioni, idealizzazioni, svalutazioni, mascheramenti. Il ruolo di questi incontri, che chiamammo “PD days” è stato molto positivo, non solo per aver incentivato il senso di appartenenza al gruppo, ma anche per aver dato ai partecipanti la possibilità di rischiare di conoscersi dal vivo, nell’hic et nunc della condivisione di emozioni e di esperienze.
Ritieni che la tua esperienza sia “esportabile” anche in situazioni diverse da una così specifica come Progetto Diabete? E se sì, vi sono a tuo avviso problematiche psicologiche che potrebbero giovarsi particolarmente di un supporto on line?
Attualmente mi sto sperimentando nel sito “Pagine Blu degli Psicoterapeuti”, come conduttrice di una chat line e di un forum sulla depressione. Al congresso del sito, che si terrà alla fine di giugno, porterò un intervento sulle mie riflessioni circa questa esperienza e quella con Progetto Diabete. Mi sono resa conto che le persone che soffrono di depressione o di altri problemi psicologici sono più motivate a parlare dei propri sentimenti, e a comprendere che avrebbero bisogno di una psicoterapia, rispetto alle persone che hanno il diabete tipo 1, che usano in maniera esclusiva o preponderante il meccanismo di difesa della negazione. Sicuramente la mia esperienza con il sito “Pagine Blu degli Psicoterapeuti” trova un terreno più ricettivo rispetto a quello di Progetto Diabete. Purtroppo, quando prevalgono i problemi somatici, è più difficile che le persone si interessino di ascoltare la loro sofferenza psichica.
Tu hai sperimentato il supporto virtuale all’interno della dimensione del gruppo. Lo ritieni proponibile anche rivolto a persone singole?
Lo ritengo proponibile, ma credo che il gruppo, a livello di realtà virtuale, come a livello di realtà non virtuale, abbia una forza maggiore rispetto a un rapporto a due, e che, di conseguenza, possa supplire alla minore efficacia e al maggior rischio di effetti negativi, che ho esposto precedentemente, che possono svilupparsi nel rapporto virtuale a due. Nel supporto virtuale rivolto a persone singole, più che in quello di gruppo, lo psicoterapeuta deve essere molto attento a non cadere nel pericolo di sentirsi onnipotente, o al contrario impotente. Mentre nel gruppo le proiezioni, le identificazioni, il transfert e il controtransfert sono meno forti, perché distribuiti su più persone, nel rapporto a due è tutto più concentrato, e lo è di più quando si tratta di un rapporto virtuale. Dal giorno 7 giugno inaugurerò una chat line dedicando mezz’ora a utente, quindi mi sperimenterò con un supporto singolo on line. Dopo una certa esperienza trarrò le mie conclusioni (che sono sempre modificabili nel tempo).
Dal punto di vista tecnico, quali modalità di comunicazione on line, tra quelle da te sperimentate (mailing list, chat, forum), risultano più incisive e utili?
Sicuramente il forum on line. Invitavo i partecipanti, con un preavviso di due settimane, a riflettere sulla tematica di cui avremmo discusso per due ore nella data stabilita, e che mi era sembrata la più significativa tra quelle emerse dalle mail più recenti. In questo modo veniva effettuata automaticamente una selezione su chi non era interessato. Nella chat aperta ciò non può avvenire, perché in quest’ultima modalità ci sono sempre utenti che occupano, con discorsi banali, lo spazio/tempo che altri occuperebbero parlando dei loro problemi.
Nella mailing list, invece, le persone tendono a sfogarsi, e così non è possibile la riflessione prima individuale, poi di gruppo, che è invece possibile nella modalità del forum a tema. Il testo del forum rimaneva poi a disposizione di tutti gli utenti di Progetto Diabete.
Ritieni che la tua, così come altre esperienze analoghe, possano porre le basi per sperimentare seriamente la validità del counseling on line ed eventualmente anche della psicoterapia on line?
Se per counseling on line si intende sostegno psicologico sì. Credo comunque che il principale fattore di crescita e cambiamento, nel counseling e nella psicoterapia, sia la relazione – reale, ma non virtuale – (perché quella virtuale è comunque una comunicazione reale), tra il terapeuta o il counselor e il paziente o i pazienti.
Il tuo modo di vivere la tua professione di psicoterapeuta è cambiato, e, se sì, con quali ricadute a livello umano e professionale, in seguito all’esperienza con Progetto Diabete
A livello umano un po’ di amarezza, perché mi sono resa conto che è molto difficile poter aiutare le persone con le modalità della realtà virtuale, ma anche un po’ di soddisfazione, perché in molti casi sono riuscita a rompere la cecità sui problemi psichici legati a questa sindrome metabolica, ad iniziare le persone all’ascolto del loro mondo interiore, e a dare loro un sostegno psicologico con conseguente rinforzo dell’Io.
Per quanto riguarda il mio modo di vivere la mia professione di psicoterapeuta, l’esperienza con Progetto Diabete ha rafforzato la mia convinzione che è impossibile creare un vero e proprio spazio terapeutico nel mondo della realtà virtuale.
Ringraziamo la dottoressa Aronica per aver risposto alle domande di Psycommunity. Le sue valutazioni ci stimolano alla riflessione e al dibattito su problematiche aperte e in continuo divenire. Ella stessa, pur esprimendo seri dubbi sulla possibilità di realizzare un intervento terapeutico virtuale, si misura con la relazione di aiuto on line, mettendo la sua esperienza di psicoterapeuta al servizio del forum sulla depressione.
Questo è lo stato dell’arte, al momento: dubbi e perplessità convivono con l’apertura al nuovo e il desiderio di sperimentare.
Ancora una volta, come già abbiamo avuto modo di osservare nel corso della precedente intervista con il professor Cantelmi, la riflessione e la condivisione delle esperienze portano a ravvisare la necessità di studiare a fondo un fenomeno che non può essere ignorato.
Ci auspichiamo che ricerche sperimentali serie e rigorose facciano luce sugli aspetti ancora inesplorati delle relazioni d’aiuto on line.
Intervista a cura di Patrizia Belleri